martedì 2 dicembre 2008

Detenuti e internati



La via più rapida per la comprensione di uno Stato e della sua società e civiltà è la visita delle sue prigioni. Questo breve viaggio parte ovviamente nel nostro bel paese: l’Italia. Agli inizi degli anni ’90 i detenuti in carcere erano circa 27 mila, oggi sono diventati 54 mila. Si usa dire che in quest’ultimo decennio sono raddoppiati ma in realtà sono triplicati se si considera che allora in misure alternative c’erano quasi quattromila detenuti mentre oggi sono trentamila, quindi sommati ai 54 mila danno un totale di quasi novantamila persone che scontano una pena.


L'ingresso del carcere Ci sono quindicimila detenuti di troppo rispetto ai quarantamila posti disponibili nelle carceri italiane. Dall’estate scorsa, dal giubileo, si è creata una grande attenzione sui problemi del carcere che ha portato tra l’altro all’approvazione in finanziaria di un fondo sociale di 380 miliardi per il reinserimento sociale.

I soldi ci vogliono, sono essenziali, ma sono buttati via se non sono accompagnati da chiara e ferma volontà politica-istituzionale di cambiare finalmente le cose, sradicando piccoli centri di potere, privilegi. È proprio nel sistema carcerario che più che altrove si è sempre cambiato tutto per non cambiare nulla.

Il dottor Giancarlo Caselli che pareva l’uomo giusto al posto giusto è stato già trasferito alla guida della giustizia europea, al suo posto con funzione vicarie di capo il suo ex vice capo Paolo Mancuso. Possiamo solo sperare che il governo che verrà, quello del Polo, inizi veramente un’opera di rinnovamento, basterebbe solo che le stesse leggi già approvate siano rese realmente esecutive ed operative alla lettera e non invece che rimangono lettera morta come finora. È in predicato come possibile prossimo ministro della giustizia Marcello Pera, senatore a Lucca, l’unico dei professori apprezzati dal Cavaliere Berlusconi per il suo iper-garantismo. Il suddetto senatore si dice deciso a rivoluzionare il mondo delle toghe ed io “mi consento” di aggiungere non solo, ma si rivoluzioni tutta l’amministrazione penitenziaria dal primo all’ultimo dirigente.

Purtroppo personalmente credo che ciò non avverrà, rimarrà un sogno che difficilmente sarà fatto suo dal Cavaliere. Nel frattempo possiamo solo registrare la sana protesta del detenuto nella casa circondariale di Rovereto al quale è impedito di sottrarsi al fumo passivo dei suoi compagni di cella. Immaginiamo il poveretto che divide una stanza di 16 metri quadri (l’equivalente di un salotto) con altri sei compagni. È inverno, c’è un unico vecchio e piccolo termosifone in ghisa, quindi le finestre saldamente chiuse, i suoi compagni fumano almeno trenta sigarette al giorno e di quelle forti, economiche, senza filtro. Ebbene il disgraziato si trova a respirare il fumo di duecento sigarette al giorno. Si comincia a prenderne coscienza, la sua non è stata una semplice condanna a sei mesi o a un anno, bensì una condanna a morte. Ai detenuti non è garantito il diritto alla salute, sono come gli extracomunitari, cittadini di serie B. Questo è il carcere in Italia, una comunità assai complessa su cui si scaricano le ferite sociali della nostra società, dalla tossicodipendenza all’immigrazione, dal disagio psichico a altri gravi patologie e dove si tarpano le ali dell’ambizione di rappresentarlo come luogo trasparente e propulsore dei diritti di cittadinanza.

Oltre le sbarre Si tratterebbe semplicemente di completare ed attuare il processo riformatore e la continua emergenza derivante dal sovraffollamento rappresenta un oggettivo ostacolo per l’avvio e l’attuazione delle riforme. Scrive il filosofo tedesco Nietsche nella Gaia Scienza “La pena ha lo scopo di far sentire, migliorare colui che la infligge. Questa è l’ultima via di scampo per i difensori della pena. Per la Chiesa cattolica invece la pena ha come primo scopo il ripagare ai disordini introdotti dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, la pena ha valore di espiazione. Inoltre, la pena ha lo scopo di difendere l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone. Infine ha valore medicinale: nella misura del possibile essa deve contribuire alla correzione del colpevole”.

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